L'atletica in cima ai pensieri di Gaia

17 Gennaio 2017

"L'atletica raccontata". Risultati e aspirazioni di Gaia Sabbatini, una delle atlete abruzzesi più promettenti e rappresentative dell'intero movimento 

di Orlando Del Grosso

Dal presidente della Gran Sasso Teramo, passiamo a un’atleta della stessa società, una delle stelle del nostro firmamento giovanile. In questa nuova intervista andremo a scoprire chi è Gaia Sabbatini, mezzofondista veloce, allenata da Marcello Vicerè. Con minimi di partecipazione per i Mondiali ed Europei Under 18, un Brixia Meeting vinto, un secondo posto ai Campionati Nazionali Studenteschi due convocazioni nei raduni nazionali giovanili e tanti altri risultati di alto livello, Gaia ha da poco chiuso due anni veramente positivi, passati ai vertici della sua specialità, gli 800. A coronamento di tali successi, come ciliegina sulla torta, Gaia ha firmato nei mesi scorsi un contratto di sponsorizzazione con un un’importante azienda di abbigliamento sportivo e, negli ultimi giorni - questo è quello che potrebbe essere definito un scoop - ha ricevuto una proposta di borsa di studio presso l’Università del Kentucky, storica università statunitense, vincitrice per bene 8 volte del campionato di basket NCAA. Abbiamo spoilerato abbastanza, è il momento di  dare la parola a Gaia.

Ciao Gaia, prima di passare alle domande salienti, parliamo un po’ di te. Studentessa, atleta, modella e che altro? Se c’è, in quale di queste attività e interessi ti senti più a tuo agio? Raccontaci la tua giornata tipo.

Ciao Orlando. Allora, andiamo con ordine. Sulla questione della modella, è vero che in passato ho fatto qualche sfilata, qualche servizio e ho ricevuto anche delle proposte lavorative, ma devo dire che non sono molto interessata, perché la mia vera passione è unicamente la corsa, l’atletica. Quando corro mi sento a mio agio, quindi, credo proprio che sia la parte dei miei interessi che preferisco. La mia giornata tipo è molto semplice, e mi piace tantissimo. Vado a scuola, torno a casa, pranzo, vado a fare allenamento e, dopo, se non ho da studiare, mi vedo con gli amici. Le mie giornate sono belle così come sono, perché a scuola mi trovo molto bene, sia con gli insegnati che con i miei compagni. Al campo poi, quando arriva il momento dell’allenamento, mi sento sempre carica e pronta a dare il meglio e, infine, quando la giornata si chiude, cerco di fare qualcosa che mi rilassi se, ovviamente, non devo studiare, che non è rilassante (risata).

Se dovessi raccontarci questi due anni da Allieva, come li riassumeresti, hai realizzato tutti i tuoi obiettivi o hai qualche rammarico?

Questi due anni da Allieva sono stati bellissimi. Non ho realizzato proprio tutti i miei obiettivi, però sono soddisfatta di me stessa. In questi due anni ho ottenuto vittorie, ma anche sconfitte che mi hanno resa più forte e più determinata. I momenti più significativi, quelli che porterò sempre con me, sono il successo che ho ottenuto ai Campionati Italiani Indoor, il Brixia Meeting e anche quando ho ottenuto il minimo per i mondiali e, al secondo anno, il minimo per gli Europei. Ai Tricolori Indoor da secondo anno Allieva mi sono piazzata terza, dopo essere stata ferma per un mesetto a causa di un infortunio. Quel risultato per me è stato veramente inaspettato e, quindi, bellissimo. Anche i momenti meno belli, come dicevo in precedenza, sono stati formativi e sicuramente li conserverò dentro di me: il secondo posto agli Studenteschi e il sesto posto agli Italiani all’aperto, da secondo anno Allieva. Agli Studenteschi miravo al primo posto, purtroppo, però, ho sbagliato a gestire la gara e le mie avversarie, veramente molto forti, ne hanno approfittato. Gli Italiani Outdoor, invece, sono stati una vera e propria delusione. Sono andata lì con un obbiettivo ben preciso, ma le gambe hanno ceduto molto probabilmente per l'ansia. In quel periodo ero un po’ giù di corda.

Quest’anno, oltre ai risultati individuali, hai raggiunto buoni risultati anche con la staffetta 4x400.  Frequentando lo stesso campo, ho la possibilità di vedervi allenare e mi date l’impressione di essere un gruppo molto affiatato. Quanto è importante avere un gruppo con cui allenarsi. Vi frequentate anche fuori dall’atletica?

Quest'anno ho ottenuto buoni risultati anche nella 4x400, ed è difficile dire quanto ne sia contenta. Alice, Sara, Giorgia ed io, avevamo questo piccolo sogno, ovvero fare il minimo per i Campionati Italiani di Jesolo e parteciparvi tutte assieme. Un’ esperienza unica, che ci ha unito maggiormente. Ho capito che l'amicizia in queste gare conta, e conta molto. Non ci vediamo solo al campo, ma siamo molto amiche anche al di fuori del contesto sportivo. Infatti, capita spesso di organizzare delle uscite, delle cene o delle feste assieme. Siamo un gruppo in tutto e per tutto, possiamo confidarci l’una con l'altra, e gli allenamenti diventano uno spasso, perché troviamo sempre un pretesto per ridere e divertirci. Grazie a loro ho capito quanto è importante avere un gruppo per avere sempre nuovi stimoli, nuovi obbiettivi, condividere la fatica, condividere le delusioni…insomma, ho capito quanto è fondamentale avere un gruppo.

Ad un certo punto ti contatta questa famosa azienda sportiva e poi l’Università del Kentucky. Sai che sei una dei pochi atleti regionali che hanno avuto questo tipo di possibilità? Sai che l’Università del Kentucky è una delle università più famose per lo sport, e non solo, negli Stati Uniti? Raccontaci come sono arrivate queste incredibili opportunità.

Sono felice di aver finito questo anno con due proposte così importanti. Diciamo che sono state due "enormi" ciliegine sulla torta. Il contratto di sponsorizzazione è stato quasi una cosa arrivata per caso. Inizialmente credevano fossi un’atleta del nord Italia, e già maggiorenne. Non è stato facile mettere nero su bianco, ma ora che è reale, ne sono molto felice. L’Università del Kentucky, alla quale sono già molto riconoscente, mi ha contattata tramite email con un proposta che va costruita nel tempo. Comunque, indipendentemente da ciò, ho subito cercato informazioni a riguardo. Volevo vedere chi fossero, che strutture avessero, insomma, tutte quelle informazioni che mi potessero aiutare a capire cosa è la Kentucky University. È ancora tutto in divenire, ma sono molto orgogliosa e fiera di me stessa, soprattutto per essere stata notata per i risultati. Sto valutando molto seriamente questa opzione, è una opportunità che in pochi al mondo possono permettersi. Quelle americane sono università molto costose, ma che danno gradi possibilità per il futuro di uno studente e, in più, ti mettono nelle condizioni di poter continuare a fare sport ad alto livello. Spero proprio di riuscire a vivere questa esperienza, però manca ancora molto e non voglio sbilanciarmi con fantasie che magari, poi, rimangono solo tali.

Quanto è importante il tuo allenatore per quello che fai e per quello che sei? Raccontaci, se vuoi, qualche aneddoto simpatico tra te e Marcello Viceré.

Il mio allenatore è molto importante. Per me è come un secondo padre. Insieme affrontiamo momenti brutti, ma anche esperienze bellissime. Sono molto felice di avere al mio fianco un allenatore preparato, ma soprattutto capace di ascoltarmi e aiutarmi nei momenti bui.
Non ne ricordo uno in particolare, ma c’è un momento ricorrente, tra me e lui, che considero il più bello. Si ripropone al termine di ogni gara andata bene, quando, al traguardo, cerco con lo sguardo Marcello e lo trovo sorridente, che già festeggia. Allora corro da lui e ci abbracciamo. Questi sono momenti bellissimi, perché è proprio lì che ti rendi conto che tutti i sacrifici fatti sono serviti a qualcosa e che hai reso felice non solo te stessa, ma anche altre persone

Siamo all’ultima domanda che, come oramai sai, si chiude con un gioco. Ma anche a te, prima della solita chiusura di rito, voglio chiedere se il gioco è una parte importante della tu vita e se, magari, anche nella nostra attività si dovrebbe giocare un pochino di più. Ora, ti consegno virtualmente una Lampada di Aladino con la quale esprimere tre desideri da indirizzare alla FIDAL. Cosa chiederesti?

Penso che, alla mia età, si dovrebbe andare a fare allenamento soprattutto per seguire un obbiettivo, ma ciò non toglie che ci possano essere momenti di gioco e divertimento. Ho 17 anni e ancora molto tempo davanti per allenarmi seriamente. Se di tanto in tanto si scherza e ci si diverte, credo non succeda nulla. Anzi, aiuta a migliorare il clima e l’umore con cui ci si allena. Ogni cosa ha i suoi tempi e, se alla mia età gli allenamenti dovessero essere troppo duri o troppo rigidi, credo proprio che in futuro mi ritroverei “esaurita”, con la conseguenza di non riuscire più a migliorarmi. Ovviamente, per me l'atletica non è un gioco ma lo sport che voglio praticare. Però, ripeto, non si può pretendere, a questa età, allenamenti troppo forzati, perché altrimenti il tutto risulterebbe essere un peso, anziché una bellissima passione.
Se avessi la Lampada di Aladino e potessi chiedere alla FIDAL tre desideri, chiederei di avere una pista nuova, dato che a Teramo non è granché, e credo proprio che alcuni miei infortuni siano dipesi dalle sue condizioni. Il secondo desiderio, forse il più grande, è quello di avere un gruppo di allenamento più grande, magari da realizzare facendo più attività di settore a livello regionale, dato che i mezzofondisti a Teramo scarseggiano. Ho sperimentato la bellezza e l’utilità di allenarsi in gruppo, con le mie compagne di staffetta, e mi piacerebbe che potesse crescere di numero, cosi da non dovermi mai allenare da sola. Il terzo desiderio è un riassunto dei precedenti: vorrei una pista bella e un impianto fornito di tutte le strutture idonee per allenarsi nel miglior modo possibile e un gruppo di allenamento sempre numeroso.   

 O.d.G. 



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