Le pioniere dell'atletica azzurra

30 Aprile 2018

In attesa dell'esordio di Mariavittoria Becchetti sulla 50km di marcia a Taicang, ecco le donne della storia dell'atletica azzurra che hanno mosso i primi passi in specialità un tempo solo maschili

di Giorgio Cimbrico

Nessun posto come la Cina per una Lunga Marcia, per la 50 km di Mariavittoria "MaVi" Becchetti, per la prima volta di un’azzurra sulla distanza della parità totale e finale raggiunte, quella che a Londra alla portoghese Ines Henriques ha fruttato 160.000 dollari: la più ricca dei Mondiali ha festeggiato all’ombra degli alberi che fiancheggiano il Mall.

Senza fare dell’archeologia e andando a pescare nel passato lontano ma non profondo, ai Giochi olimpici e bavaresi di Monaco 1972, alle donne era concesso gareggiare in 14 specialità: la distanza più lunga erano i 1500, la marcia non figurava, 400hs, siepi, asta, triplo, martello nemmeno. Ora sono 24. Soltanto l’altezza di ostacoli e barriere e qualche chilo o grammo in meno dividono i generi. Una volta si diceva: i due sessi.

La scelta è caduta su Monaco di Baviera perché, al debutto dei 1500, un’azzurra mise le mani su una medaglia di bronzo che per due centesimi non fu d’argento. Paola Pigni rimane la pioniera delle distanze lunghe e lunghissime, l’iniziatrice, con un record del mondo, 4:12.4, che risulta il terzo capitolo di una cronologia ufficiale, etichettata Iaaf, che aveva preso il via nel ’67. Paola, con il cognome Cacchi, appare anche nella cronologia del miglio, 4:29.5 nel ’73 a Viareggio, tre volte in quella non ancora ufficiale dei 3000, due in quella dei 5000, una in quella dei 10.000. Ce n’è abbastanza per definirla la Emmeline Pankhurst (la guida delle suffragette) del mezzofondo italiano.

Nel processo di emancipazione, di abbattimento di cancelli all’interno dei quali erano state rinchiuse, le italiane hanno fatto la loro parte. Gli inizi dell’ora di corsa sono segnati dai nomi di Elsa Pasquali che 53 anni fa sfiorò i 16 km, della timida Margherita Gargano, che andò vicina ai 17, della volitiva Silvana Cruciata che varcò i cancelli dei 18.

Per toglierle il limite mondiale sarebbe stata necessaria una discesa in campo di Tegla Loroupe. E tracce importanti possono esser riconosciute anche sui sentieri della marcia: Giuliana Salce compare due volte come primatista globale dei 5000, Ileana Salvador distrusse di quasi mezzo minuto il mondiale dei 10 km della russa Nadezhda Ryashkina, Rossella Giordano diede ufficiosamente una sonora scrollata a quello dei 20.

La romana Cruciata apre la storia italiana della maratona: 2h54:23 nel ’77, quando l’eccellenza mondiale era ancora al di sopra delle due ore e mezzo. In pista, il primato più vecchio del “nuovo” concesso alle donne è della poliedrica e proteiforme Rita Bottiglieri, 57.35 nel giro di pista con barriere: era il ’77 e per dar l’idea del valore della prestazione della napo-genovese, il record del mondo era palleggiato tra la sovietica Tatyana Storozheva, 55.74, e la ddr Karin Rossley, 55.63. Un rimbalzare a 11,90 di Luisa Celesia apre nell’84 la storia italiana del salto triplo e dà inizio alla rivalità con la ligure Loredana Rossi.

Di più fresco conio altre specialità e altre coraggiose pioniere: Maria Carla Bresciani inaugura nel ’95 la galleria dell’asta scavalcando 3,70 e diventando anche la prima azzurra al di là della barriera dei 4 metri; la siciliana Maria Tranchina, nel ’96, diventa la prima padrona del record del martello con 52,24 in una cronologia scarna quanto a detentrici: oltre al suo nome, cinque volte, compare per diciassette quello della bolognese Ester Balassini.

L’ultima delle esploratrici di nuove dimensioni è Pierangela Baronchelli: accanto al suo nome e al suo record nelle siepi è scritto l’anno 2000.

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