Giomi: ''Sostegno a mozione Lupi sui certificati''

03 Gennaio 2020

Alla Camera la discussione sull'idoneità medico-sportiva dei runner stranieri per semplificare la loro presenza nelle gare italiane su strada. Il presidente FIDAL: "Auspichiamo approvazione trasversale da tutto il Parlamento"

Verrà discussa mercoledì 8 e giovedì 9 gennaio alla Camera dei Deputati la mozione presentata dall’onorevole Maurizio Lupi ed altri (n. 1-00190 - LEGGI QUI) sulle iniziative volte a promuovere le maratone e ad incentivare la partecipazione di atleti stranieri a tali eventi, con particolare riferimento ai profili afferenti alla tutela sanitaria. Il tema è particolarmente sentito dalla Federazione Italiana di Atletica Leggera, da molti anni impegnata nella semplificazione delle norme interne per poter consentire a tutti i cittadini, italiani e stranieri, di esprimersi liberamente tramite l’attività sportiva, nel rispetto della vigente legislazione statale. La mozione - che ha come primo firmatario l’onorevole Lupi presidente onorario del Montecitorio Running Club, associazione sportiva che raduna i parlamentari di ogni schieramento appassionati di running - è incentrata sulla possibilità da parte degli atleti stranieri non tesserati di partecipare alle manifestazioni agonistiche su territorio italiano presentando la certificazione medica prevista nel proprio paese di origine per la stessa attività, anziché quella rilasciata in Italia secondo l’attuale normativa (fermo restando, come ovvio, il rispetto della tutela sanitaria degli atleti). In tal modo verrebbe semplificato l’iter di partecipazione alle gare sul nostro territorio, come già accade nella maggior parte dei Paesi del mondo, soprattutto in quelli che ospitano manifestazioni di carattere internazionale ad alta partecipazione. 

IL PRESIDENTE FIDAL GIOMI - “Ringraziamo il presidente Lupi per aver dato ancora più forza a una tematica sulla quale la FIDAL e gli organizzatori si battono da tempo - le parole del presidente della FIDAL Alfio Giomi -. Convinti che sia strategica per lo sviluppo delle maratone e delle mezze maratone, da parte nostra c’è il massimo sostegno perché la mozione possa essere approvata in maniera trasversale da tutto il Parlamento e sia finalmente superata questa difficoltà di carattere burocratico”.

LA NORMATIVA - La vigente normativa è disposta dal Decreto del Ministero della Sanità del 18 febbraio 1982 e prevede l’obbligo di certificazione medica agonistica rilasciata da un medico dello sport iscritto all’albo italiano per tutti i cittadini, ivi compresi gli atleti stranieri, che intendono gareggiare in Italia. Ciò comporta, per i cittadini stranieri, la necessità di organizzare il viaggio in Italia giorni prima rispetto alla gara, con un aggravio di costi e complicazioni, senza la certezza di poter gareggiare. La FIDAL, all’interno del proprio ambito di azione, consente agli atleti stranieri non tesserati di presentare un certificato medico agonistico prodotto nel proprio Paese di origine, purché sia conforme a quanto previsto dal Decreto del 1982 per quanto riguarda la tipologia di esami a cui sottoporsi. Tale apertura ha certamente incentivato la partecipazione ma non ancora nella misura sperata.

LA MOZIONE - Preso atto che le “tali limitazioni riducono di fatto la partecipazione degli atleti stranieri alle maratone italiane con danno economico per gli organizzatori e per il tessuto cittadino di riferimento”, si legge nella mozione, i firmatari Lupi, Occhionero, Zanella, Gagliardi, Schullian, Enrico Costa, Lattanzio, Versace, Pella chiedono al Governo che “si impegni, nel rispetto delle norme di tutela sanitaria presenti in Italia, ad adottare iniziative normative che consentano agli atleti stranieri di potersi iscrivere alle manifestazioni «no-stadia» che si svolgono sul territorio italiano (corsa e marcia su strada, corsa campestre, corsa in montagna, ultramaratona, trail running e nordic walking) basandosi sulle rispettive leggi di tutela sanitaria specifiche relative al proprio Paese di residenza (quindi consentendo, per esempio, ai runner statunitensi di poter presentare in Italia un'autocertificazione così come previsto dalla normativa statunitense)”.

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