Mondiali indoor: le sette meraviglie azzurre
28 Febbraio 2024di Fausto Narducci
All’edizione numero 19 dei Mondiali indoor a Glasgow l’Italia si presenta con un bottino storico di 7 ori, 6 argenti e 13 bronzi. Sono 26 medaglie di un percorso irto di ostacoli e con tanti vuoti: basti pensare che fra l’oro di Camossi a Lisbona 2001 e quello di Tamberi a Portland 2016 intercorrono 15 anni (e 7 edizioni) di vuoto quasi assoluto interrotto solo dal bronzo di Andrew Howe nel lungo a Mosca 2016 e dall’argento (a pari merito) di Antonietta Di Martino a Istanbul 2012. E anche nella penultima edizione di Birmingham 2018 solo il bronzo di Alessia Trost nell’alto ha evitato un altro “buco” prima dell’oro di Marcell Jacobs a Belgrado del 2022, dopo l’edizione saltata per la pandemia. Eppure i Mondiali indoor, l’ultima “creatura” di Primo Nebiolo nel suo progetto di riempire l’intero arco stagionale, con l’edizione “sperimentale” di Parigi 1985 ci aveva regalato addirittura quattro medaglie, record eguagliato solo a Siviglia ’91 ma senza ori.
Nel Palais Omnisport de Bercy i World Indoor Games - che con cadenza biennale due anni dopo a Indianapolis assunsero la denominazione ufficiale di World Indoor Championships - l’Italia si mise letteralmente in marcia con l’oro di Giuliana Salce (3000) e l’argento di Maurizio Damilano (5000) completati dall’argento di Agnese Possamai (3000) e dal bronzo di Giovanni Evangelisti (lungo). Curioso notare che il tacco e punta azzurro proseguì la striscia di podi con l’argento ancora della Salce nell’87, i tre bronzi di Ileana Salvador (’89, ’91 e ’93) e l’argento di Giovanni De Benedictis (’91) prima che la specialità (insieme ai 200 metri) venisse cancellata dal programma. Passiamo ora in rassegna i sette ori italiani specificando che il primo può essere considerato “ufficioso” in base alla diversa classificazione della prima competizione iridata.
Giuliana Salce (Parigi 1985)
Proprio nei 3000 indoor la marciatrice di Ostia, che è stata una delle pioniere della disciplina, ha ottenuto i suoi migliori risultati collezionando dopo l’oro di Parigi 1985 gli argenti del 1987 a Indianapolis (Mondiali) e Liévin (Europei) prima dell’infortunio che le ha precluso altri traguardi, a partire dai Mondiali di Roma ’87. Una vita tormentata raccontata nella bellissima autobiografia “Dalla vita in giù” da cui traiamo il breve racconto di Parigi 1985: “Siamo sulla linea di partenza. Voglio andarmene. Non faccio in tempo a pensare troppo: lo sparo, via. Vado subito in testa, metro dopo metro me ne vado. Dopo il primo giro mi volto e le altre sono già lontane, che faccio ora? Tutto, posso solo fare tutto il possibile per andare il più veloce che posso e raccogliere, oltre quella linea d’arrivo, tutti i miei sogni. L’ultimo giro, so che sto andando a vincere, mi volto verso destra dove c’è Dordoni sulla tribuna, gli mando un bacio e poi volo sotto l’occhio di bue che la regia francese riserva ai vincitori. Sono campionessa del mondo con il record italiano. Mi inginocchio a baciare terra, faccio il giro d’onore e c’è l’abbraccio con l’atleta cinese (Yan Hong, ndr) seconda classificata. La prendo per mano e concludiamo insieme il giro”. Il 18 gennaio 1985 l’azzurra, a 29 anni, vinse la gara in 12’53”42 precedendo la cinese Yan Hong (13’05”56) e la canadese Peel (13’06”97). Il successivo 6 febbraio avrebbe ritoccato la migliore prestazione mondiale con 12’31”57 a Firenze proseguendo una escalation che l’avrebbe portata il 6 marzo di due anni dopo, nella prima edizione ufficiale dei Mondiali indoor a Indianapolis, all’argento (12’36”76) dietro alla sovietica Olga Krishtop che stabilì il record del mondo con 12’05”49. Il 22 febbraio la Salce era stata argento europeo sulla stessa distanza in 12’59”11.
Gennaro Di Napoli (Toronto 1993 e Barcellona 1995)
I Mondiali indoor rappresentano l’apice di tutta la carriera di Genny Di Napoli, straordinario talento napoletano-milanese che ai molteplici record italiani all’aperto (1500, miglio e 2000 ancora in suo possesso) univa anche quello dei 3000 indoor (7’41”05 nel ’97 a Parigi) che lo scorso 3 febbraio gli è stato sottratto dopo 27 anni da Pietro Arese a Metz con 7’38”42. Di Napoli, classe 1968, ha ottenuto l’unica doppietta azzurra ai Mondiali indoor. La cavalcata vincente al coperto dell’atleta allenato da Claudio Valisa era cominciata nel ’92 agli Europei di Genova con l’oro (7’47”24) in quella che Di Napoli considera la gara più bella della sua carriera. Una predisposizione per le piste rialzate che Genny avrebbe confermato con i due ori e i due quarti posti (Parigi ’97 e Maebashi ’99) nelle successive rassegne iridate. La delusione dell’Olimpiade di Barcellona ’92, dove si era presentato con un grave infortunio allo scafoide, era ancora cocente quando l’azzurro entrò in gara alla rassegna iridata di Toronto dove vinse la batteria e condusse una corsa tutta di testa fino al momentaneo sorpasso da parte dell’americano Bob Kennedy. Ai 200 metri lo scatto vincente (7’50”26) davanti al francese Dubus e allo spagnolo Molina per la gioia dei numerosi tifosi italo-canadesi accorsi allo Skydome di Toronto. Oro quasi in fotocopia due anni dopo a Barcellona (la città della delusione olimpica) con la vittoria in batteria e stavolta una finale sempre in testa messa in discussione solo da un vistoso rallentamento finale del quale per soli 9 centesimi non riuscì ad approfittare l’argento spagnolo Jimenez: 7’50”89 contro 7’50”98. Due anni dopo a Parigi ’97, dopo una nuova delusione olimpica ad Atlanta ’96, neanche il record italiano (7’41”05) gli avrebbe permesso di salire sul podio nella gara vinta dal fenomeno Gebrselassie, che poi vinse anche a Maebashi ’99 con Di Napoli ancora quarto. I due ori ai Mondiali indoor insieme all’argento agli Europei di Spalato ’90 sarebbero rimasti i momenti più esaltanti di una carriera frenata dagli infortuni e dalla sfortuna.
Fiona May (Parigi 1997)
Nella storia di Fiona May, bi-campionessa mondiale del lungo e due volte argento olimpico all’aperto, le stagioni indoor sono state un importante trampolino di lancio. Il suo record italiano stabilito in occasione dell’oro agli Europei indoor di Valencia ’98 con 6.91 è stato battuto solo l’anno scorso dalla figlia Larissa Iapichino con il 6.97 che le è valso l’argento agli Europei di Istanbul. L’oro di Fiona sotto il tetto di Bercy può finire nel repertorio delle piccole vendette anche se niente ha mai potuto ripagare l’anglo-italiana dalla beffa di 7 mesi prima ad Atlanta ’96 a opera della piccola nigeriana Chioma Ajunwa (ex calciatrice reduce da una lunga squalifica per doping) che con 7.12 al primo salto aveva messo al sicuro l’oro dall’assalto di Fiona arrivata a 7.02 al secondo balzo. Il 9 marzo ’97 nella gara che vide il naufragio di Heike Drechsler (settima con 6.63) a Fiona fu necessario il record italiano di 6.86 al quarto salto per scavalcare a sua volta la nigeriana che aveva saltato 6.78 al terzo e poi si portò a 6.80 al quinto. Un trionfo di rabbia a cui seguì l’altro oro indoor degli Europei di Valencia ’98 e altri due piazzamenti fuori dal podio ai Mondiali indoor: quarta (6.87) a Lisbona 2001 e sesta (6.64) a Budapest 2004 quando la carriera volgeva già al termine.
Paolo Camossi (Lisbona 2001)
Nella brillante carriera di Paolo Camossi, l’allenatore che ha portato al trionfo olimpico Marcell Jacobs, l’oro ai Mondiali indoor di Lisbona nel 2001 rappresenta il fiore all’occhiello, maturato a un anno dal bronzo europeo di Gand 2000 a conferma di una certa attitudine per le pedane al coperto. Nella stagione indoor 2001 avevamo ancora negli occhi l’incredibile gara del 7 giugno 2000 alla Notturna di Milano quando la pedana dell’Arena aveva riscritto la storia del triplo italiano: Donato 17.60, Camossi 17.45. Per sottolineare il valore dell’oro all’Atlantic Pavilion di Lisbona del 9 marzo 2001 basta però leggere il nome del secondo classificato: Jonathan Edwards, il primatista mondiale che in quell’occasione subì una delle rare sconfitte della sua prestigiosa carriera. Il 17.32 dell’azzurro, col record italiano che migliorava il 17.05 di Gand 2000, arrivò al quarto balzo costringendo l’inglese a inseguire fino al disperato 17.26 finale che gli permise almeno di scavalcare l’australiano Murphy e il tedesco Friedek. Per la cronaca il 17.32 rappresentò la seconda prestazione mondiale indoor dell’anno dietro al 17.60 che lo stesso Edwards aveva ottenuto a febbraio a Samara. Sesto con 16.77 Fabrizio Donato che poi nel 2006 gli avrebbe tolto il record al coperto con 17.33 ad Ancona.
Gianmarco Tamberi (Portland 2016)
A interrompere il digiuno di ori durato per sette edizioni non poteva che pensarci Gianmarco Tamberi nella sua carriera in cui non manca niente. L’appuntamento con l’oro mondiale indoor del 2016 nella stessa stagione del titolo europeo e del drammatico infortunio di Montecarlo che dopo il record italiano di 2.39 gli impedì di inseguire l’oro olimpico a Rio. L’inverno indoor di quell’anno si può considerare uno dei momenti migliori di tutta la carriera del marchigiano: due record italiani nell’alto a Banska Bystrica (2.35) e Hustopece (2.38, miglior prestazione mondiale dell’anno) avevano fatto da preludio al 2.36 del 6 marzo nella sua Ancona. Con questo clamoroso biglietto da visita, Gianmarco si presentò ai Mondiali all’Oregon Convention Center dove sarebbero naufragati presto i i sogni del rivale azzurro Fassinotti (9° a 2.25) ma anche quelli dell’ucraino Protsenko (7° a 2.29) e soprattutto del qatarino Barshim (4° a 2.29) con cui avrebbe diviso poi l’oro olimpico di Tokyo. Ma non fu una gara facile per l’azzurro che, caricato già da un errore a 2.20, superò al terzo tentativo sia i 2.29 sia i 2.33. Ai 2.36, con quattro atleti ancora in corsa per il podio, il capolavoro del primatista italiano: superata al primo tentativo la misura su cui si arenò la resistenza del britannico Grabarz (argento) e dell’americano Kynard (bronzo). Nell’immensa carriera culminata fino ad ora con l’oro iridato all’aperto di Budapest, ci sarebbe stato anche lo spazio per un altro podio ai Mondiali indoor: il bronzo di Belgrado 2022 inventato alla prima gara stagionale con 2.31 (a pari merito col neozelandese Kerr) dietro al sudcoreano Woo (2.34) e al sorprendente svizzero Gasch (2.31). Gimbo non gareggiava da oltre sei mesi, dalla finale di Diamond League di Zurigo vinta con 2.34. Una lucida follia per un bronzo che vogliamo ricordare quasi come una vittoria.
Marcell Jacobs (Belgrado 2022)
Ai Mondiali indoor di Belgrado 2022 è anche legata una delle imprese di Marcell Jacobs, strappata agli infortuni che hanno costellato la sua carriera fino alla scorsa stagione. Un ricordo indelebile dopo il doppio oro olimpico di Tokyo e una stagione indoor da imbattuto (a parte la squalifica per falsa partenza nel meeting sulla stessa pista iridata della Stark Arena). Sulla distanza che gli aveva dato l’oro europeo di Torun 2021 il fresco olimpionico ha accettato di sottoporsi alla probabile rivincita di Christian Coleman, primatista e campione del mondo della specialità al rientro internazionale dopo la squalifica di 18 mesi per aver saltato un controllo antidoping. Ma dopo il record italiano in semifinale (6”45), nella terza volata in 11 ore il gardesano ha compiuto un’impresa degna di Tokyo diventando il primo olimpionico in carica dei 100 a vincere il titolo iridato dei 60. Alla fine, solo la miseria di tre millesimi (6”407 contro 6”410), dopo una interminabile lettura del fotofinish, lo hanno diviso dall’americano consegnandogli con 6”41 la miglior prestazione mondiale dell’anno e il suo secondo record europeo dopo quello dei 100 metri all’aperto. In questo caso battuto un precedente (6”42 di Dwain Chambers in semifinale agli Euroindoor di Torino 2009) che resisteva da 13 anni. La terza medaglia italiana nella storia della specialità, dopo i due bronzi (’87 e ’89) di Pierfrancesco Pavoni è stata festeggiata da Jacobs con il piccolo Anthony in braccio nel giro d’onore. Una immagine beneaugurante per i Mondiali di Glasgow.
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