L'oro di Goteborg: un alto da sogno alla Hellebaut



Accade tutto in pochi minuti. La delicata e flessuosa Gevaert che bissa l'oro dei cento metri con un duecento voluto ad ogni costo, mentre la nuova regina del salto in alto, Tia Hellebaut da Anversa, attaversa la pista con indosso una maxi-bandiera del Belgio ad avvolgerle le spalle. Se la vittoria della velocista appariva scontata per la tutt'altro che agguerrita opposizione delle avversarie, quella della saltatrice aveva il sapore di un trionfo inatteso, pur se il suo nome era a pieno titolo nel ristretto elenco delle favorite per l'ascesa sul podio. Le cinque atlete più accreditate per le medaglie nel salto in alto femminile erano proprio quelle trovatesi a battagliare attorno ai due metri. La favoritissima Bergqvist, campionessa europea uscente con 1,98 a Monaco 2002, la croata Vlasic, capace di grandi misure e di flop nelle occasioni che contano, l'oggetto misterioso Veneva, da anni sulla breccia ma con un palmares ricco solo di due bronzi in manifestazioni indoor, l'olimpionica Slesarenko, la belga Hellebaut. Proprio quest'ultima, fisicamente normodotata (1,82 di altezza per 66 chilogrammi), era però quella che l'andamento dell'ultima parte di stagione indicava come il pericolo più concreto per le ambizioni della bionda svedese Kajsa. Le sue ultime sei gare della Hellebaut prima dei campionati Europei contavano infatti sei prestazioni di alto livello, da 1,96 a due metri (ottenuto per due volte in pochi giorni, prima a Parigi, poi nela gran serata di Roma), e soprattutto una media stagionale che era in continua crescita, sia nei centimetri sia nei piazzamenti. Chi ha potuto vederla saltare da vicino, per esempio a Roma, dove aveva superato i due metri con ampio margine, ne aveva tratto grande impressione. Il contrario della Slesarenko, che anche se ancora capace di raggiungere i due metri nel corso della stagione, non sembra più da tempo quella di Atene a causa del grave infortunio patito nella stagione passata. Il contrario anche della Vlasic, deludente tanto ad Atene quanto a Londra nelle ultime uscite, e della Veneva, solita ottenere le sue migliori prestazioni sulle pedane greche, e che non gareggiava dall'ultima settimana di giugno (1,90). Le prospettive in favore della belga si sono rivelate tangibili, e la saltatrice-eptatleta le ha reinventate in suo favore in pedana, approfittando dell'incertezza della Bergqvist sulla misura dell'oro, 2,03, volando senza incertezze al secondo dei due primati nazionali centrati questa sera. Alla svedese è rimasta la roulette del tutto per tutto a 2,05, immeritatamente fallito al primo dei due tentativi rimasti. La vera sorpresa della finale è stata invece la bulgara Veneva, assolutamente straordinaria ed oltre ogni previsione a 2,01 e 2,03, superati con margine così ampio da lasciare immaginare un potenziale ancora non espresso, alla bella età di 32 anni. Sorpresa relativa la Hellebaut, quindi, accreditatissima per il podio, meno per l'oro. Quattro atlete a 2,01 e più consegnano alla storia una finale che per emozioni e riscontri tecnici eguaglia quella di Atene 2004, quando in tre volarono oltre i 2,02, prima che la Slesarenko si superasse fino a 2,06, dando l'impressione di poter attaccare persino il primato del mondo. La Hellebaut, per inciso, non ha smesso con le prove multiple. In maggio ha concluso L'Hypomeeting di Goetzis con 6.201 punti (ed 1,97 nel salto in alto). Era già stata finalista nell'alto ad Atene ed Helsinki, ma le carte in regola per mettersi al collo la medaglia le aveva conquistate solo in questa stagione. L'oro, addirittuta l'oro, francamente pareva un sogno irraggiungibile contro la padrona di casa Kajsa, la svedese volante. Marco Buccellato


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