Il record del mondo di Powell esalta Rieti: 9.74!
Il miracolo dello sprint nel tempio del mezzofondo. Rieti si accende per un giorno nel nome del più forte dei velocisti della nuova generazione: il giamaicano Asafa Powell, già detentore del record del mondo dei 100 metri, e capace qui, sul colle ai piedi del Terminillo, di aggiungere un nuovo capitolo alla storia della disciplina più affascinante, quella che scatena la fantasia dall’alba dello sport moderno. Ancora primato del mondo per lui, poco più di due anni dopo il 9.77 di Atene (14 giugno 2005), crono eguagliato poi altre due volte nel corso della scorsa stagione ma mai avvicinato in questa, fino al fantastico 9.74 (vento +1.7) di oggi, ottenuto nella batteria del meeting, ovvero in una di quelle occasioni che gli atleti del calibro di Powell di solito maledicono, perché li si costringe a correre due volte – una in più del necessario – per chiudere la questione. Tempo memorabile, quasi bissato cinquanta minuti dopo, nella finale corsa in 9.78, questa volta senza l’appoggio di Eolo alle spalle (vento a 0.0). Vale la pena però raccontare nel dettaglio i particolari di questo pomeriggio da ricordare, bello, come da sempre è il meeting della città laziale. Partendo dal frizzo atmosferico tipico di questa zona. Perché l’aria è "fina", quando gli uomini della seconda batteria dei 100 metri si apprestano ai blocchi. Il vento è quello lieve tipico di Rieti, la carezza d’aria benedetta da sprinter e saltatori. Ma nessuno, davvero nessuno può solo immaginare quanto sta per accadere. Asafa Powell è il leone ferito di Osaka, quello sbeffeggiato da Tyson Gay – ma anche dal cugino Atkins - nella finale mondiale dei 100 metri, quello a cui sempre più osservatori assegnano lo scomodo ruolo di perdente di successo, dell’atleta capace di emergere solo quando la posta in palio non è degna di questo nome. E lui, il giamaicano che vive lunghi periodi dell’anno in Italia (prima lo faceva a Roma, ora a Lignano) ha dentro anche tutto questo, quando va sui blocchi. La reazione allo sparo non è nulla di clamoroso (0.137), ma si vede ad occhio nudo che l’avvio non è quello solito, non è quello, ad esempio, dei due turni conclusivi di Osaka: la pista viene divorata, gli avversari spariscono dalla vista immediatamente, c’è una rabbia inattesa, per certi versi “strana”; poi, a circa tredici, quattordici metri dal traguardo, la decontrazione finale (ma senza frenata), tipica delle batterie, e quel tempo che cambia il corso del pomeriggio reatino: 9.74 (vento a +1.7 m/s), tre centesimi meglio del record stabilito ad Atene (e poi pareggiato per due volte dallo stesso Powell e per una dallo squalificato Gatlin nel corso del 2006). Gli avversari non segnano tempi “sospetti” (Ndoure fa 10.07, Collins 10.14, Burns 10.15), e questo serve a sgombrare subito il campo dai dubbi, sempre di casa in occasioni come questa. Stordimento, incredulità (già, quante volte era capitato che si fosse stabilito un record dei 100 in batteria?), gioia. Sandro Giovannelli, l’anima del meeting, corre ad abbracciare il giamaicano, il pubblico è in piedi, i volontari rompono ogni ordine di schieramento, i fotografi cercano scatti impossibili dalla distanza di uno-due centimetri, i cronisti urlano. Scene di ordinario, bellissimo panico atletico. Un turbine che metterà inevitabilmente tutto in secondo piano, corse, salti, lanci di rilevanza mondiale. Ciak ripetuto in ogni particolare cinquanta minuti dopo, per la finale; salvo l’esito del record del mondo, complice anche il vento, dileguatosi questa volta fino al 0.0 sancito dall’anemometro. Powell stampa ancora un crono da brividi, 9.78, trascinando dietro di sé il connazionale Frater a 10.03, e più indietro (quarto) il miglior Simone Collio di sempre, capace di un 10.14 che è il terzo tempo italiano alltime, dietro il Mennea di Messico ’79 (10.01), e il Boccarini di Rieti ’98 (10.08). In precedenza, in batteria (la prima delle due, Powell ha corso la seconda), lo scatenato Collio aveva centrato il primato personale a 10.16, limando tre centesimi alla prestazione del Golden Gala 2007. "Ho corso come avrei dovuto fare ad Osaka - le parole di Powell nel concitato dopo gara - ovvero decontratto nella parte finale. Sì, è lì che ho sbagliato ai Mondiali, è stata la parte finale di corsa, sulla quale ci siamo subito concentrati con il mio allenatore. Il segreto sta in quello, devo riuscire a correre senza forzare, e credo di aver finalmente imparato la lezione. Sono felice di aver fatto questo record in Italia: questa è un po' la mia seconda casa, passo nel vostro paese tre mesi l'anno, è la mia base in estate. E' da un po' che volevo fare qualcosa di grande qui, mi auguro che la gente sia felice. Gay? Io non ho problemi di nessun tipo con lui, possiamo correre quando vuole. Sono pronto". Il resto meriterebbe uno spazio a parte, perché comunque è stato di livello mondiale, come nella tradizione del meeting. Tra record e prestazioni memorabili nella galleria del passato, cercava spazio soprattutto la keniana Janeth Jepkosgei, regina mondiale degli 800 metri. La richiesta di un passaggio folle, tale da consentire anche un pensiero d’attacco al mondiale della Kratochilova (sì, lo stupefacente 1:53.28 del 1983), viene esaudita: la russa Levina transita ai 400 in 54.87, con la keniana incollata alle sue spalle. Ai 600 metri il cronometro dice 1:25.08, ma il rettilineo finale è interminabile; la Jepkosgei si impone in 1:56.29, record del meeting, ma lontano dalle posizioni che contano nella lista di tutti i tempi. Dietro, brilla ancora Elisa Cusma, quarta in 1:59.36, tempo che risulta sicuramente appesantito dal celere avvio (intorno ai 57.0 il passaggio ai 400) e dagli ostacoli – umani, nel senso di atlete “scoppiate” – trovati nell’ultima curva. Sempre mezzofondo: un’altra keniana, Vivian Cheruyot, segna un eccellente 8:30.25 nei 3000, mentre la russa Olga Yegorova fa suoi i 1500 metri in un notevole 4:03.27; in campo maschile, Thomas Longosiwa Premei si aggiudica i 3000 metri in 7:32.79, quarta prestazione mondiale dell’anno, mentre l’Europa si rivede nei 1500, con lo spagnolo Higuero primo in 3:34.78. Qui, vale la pena sottolineare l’eccellente terzo posto di Christian Obrist, che corona quella che con ogni probabilità va considerata la stagione migliore della sua carriera con il personale, portato a 3:35.32 (confermato il quinto posto italiano alltime). Il martello, competizione che a Rieti si era tenuta una sola volta, nel 1979, regala un confronto di rara tensione. Il campione del mondo Ivan Tsikhan guida per cinque dei sei lanci in programma, con una progressione che lo porta a 82,61 al quinto (e per altre due volte, in precedenza, oltre gli 80). Alla fine, però, lo beffa l’uomo probabilmente più deluso dall’esito delle gare del Mondiale di Osaka: il giapponese Koji Murofushi, sesto sul suolo patrio, ma qui capace del – tardivo - lancio della stagione, un 82,62 che supera il bielorusso di un velenoso centimetro. Antonietta Di Martino si concede al pubblico di Rieti in apertura di riunione, sfilando con Andrew Howe a bordo di due autovetture: le medaglie italiane (due delle tre, con Alex Schwazer), ricevono il giusto plauso del pubblico di casa. In pedana, la Di Martino mostra di avere ancora stille di energia da mettere a frutto, salendo (alla seconda prova) a 1,95. Il successivo 1,98 diventa quota invalicabile, almeno per l’azzurra; la russa Anna Chicherova, argento con la Di Martino a Osaka, riesce a superarla, aggiudicandosi con merito la gara. Ancora salti: nel triplo la cubana Savigne non molla, vincendo ancora il duello con la russa Lebedeva (14,92 a 14,75), con Magdelin Martinez ottima quarta con 14,70, un solo centimetro peggio di Osaka. La Polonia conferma l’eccellente momento dei suoi protagonisti sui 400 metri ad ostacoli: Marek Plawgo e Anna Jesien, entrambi di bronzo ad Osaka, si impongono con relativa facilità (49.07 per Plawgo, ai danni del dominicano Sanchez; 54.78 per la Jesien). Soffrono gli azzurri: i carabinieri Carabelli (50.22) e Ceccarelli (57.02) guadagnano una sufficienza di stima. Nel giro di pista del canadese Christopher (44.94), Barberi è sesto in 46.72, mentre in campo femminile, dietro alla giamaicana Williams (51.08), c’è anche Daniela Reina, ottava in 53.37. Bilancio esaltante per Rieti, grazie ad un record che certamente proietterà il nome della città in ogni angolo del pianeta, laddove nessuna manifestazione od iniziativa di altro genere riuscirebbe ad arrivare. Perché questo è oggi Rieti per molti, moltissimi nel mondo: la città dell’atletica, la città del meeting. Da oggi, anche la città del record mondiale dei 100. Marco Sicari Nelle foto, il giamaicano Asafa Powell a Rieti (Giancarlo Colombo per Omega/FIDAL) Uomini - 100 heats (+1.7) 1) Asafa Powel (JAM) 9”74 (WR) – 100 finale (+0.0): 1) Asafa Powell (JAM) 9”78; 2) Michael Frater (JAM) 10”03; 3) Jaysuma Saidy (NOR) 10”10; 4) Simone COLLIO 10”14 - 400: 1) Tyler Christopher (CAN) 44”94; 2) Ricardo Chambers (JAM) 45”61; 3) Alleyne Francique 45”75; 6) BARBERI 46”72; 8) GALVAN 47”27 - 800: 1) Belal Ali (BRN) 1’44”02; 2) Youssef Kamel (BRN) 1’44”11; 2) Alfred Kirwa Ego (KEN) 1’44”50 – 1500: 1) Juan Carlos Higuero (ESP) 3’34”78; 2) Suleiman Simotwo (KEN) 3’35”19; 3) OBRIST 3’35”32 - 3000: 1) Thomas Pkemei (KEN) 7’32”79; 2) Yusuf Biwott (KEN) 7’33”39; 3) Edwin Soi (KEN) 7’34”07 - 400hs: 1 Marek Plawgo (POL) 49”07; 2) Felix Sanchez (DOM) 49”12; 3) Kenneth Ferguson (USA) 49”51; 4) CARABELLI 50”22 – Asta: 1) Denis Yurchenko (UKR) 5.72; 2) Aleksandr Averbukh (ISR) 5.65; 3) German Chiaraviglio (ARG) 5.65 – Lungo: 1) Irving Saladino (PAN) 8.31 (+0.1); 2) Olexiy Lukashevych (UKR) 7.97 (+1.1); 3) Miguel Pate (USA) 7”93 (+0.8) - Martello: 1) Koji Murofushi (JPN) 82.62; 2) Ivan Tsikhan (BLR) 82.61; 3) Vadim Devyatovskiy (BLR) 79.59; 7) VIZZONI 76.01. Donne - 100 (+0.4): 1) Sally McLellan (AUS) 11”30; 2) Stephanie Durst (USA) 11”37; 3) Debbie Ferguson (BAH) 11”38; 8) PISTONE 11”59 – 200 (+1.1): 1) Lauryn Williams (USA) 22”76; 2) Stephanie Durst (USA) 22”87; 3) Cydonie Mothersill (CAY) 22”90 - 400: 1) Shericka Williams (JAM) 51”08; 2) Natalya Antyukh (RUS) 51”37; 3) Tatyana Veshkurova (RUS) 51”58; 8) REINA 53”37 - 800: 1) Janeth Jepkosgei (KEN) 1’56”29; 2) Sietlana Usovich (BLR) 1’58”68; 3) Mayte Martinez (ESP) 1’59”29; 4) CUSMA 1’59”36 – 1500: 1) Olga Yegorova (RUS) 4’03”27; 2) Viola Kibiwot (KEN) 4’03”63; 3) Yuliya Fomenko (RUS) 4’04”52 – 3000: 1) Vivian Cheruiyot (KEN) 8’30”25; 2) Priscah Ngetich (KEN) 8’30”70; 3) Kara Goucher (USA) 8’34”99 - 400hs: 1) Anna Jesien (POL) 54”78; 2) Tasha Danvers (USA) 55”03; 3) Yuliya Pechonkina (RUS) 55”31; 8) CECCARELLI 57”02 – 3000st: 1) Yekaterina Volkova (RUS) 9’26”80; 2) Cristina Casandra (ROM) 9’30”39; 3) Roisin McGettingan (IRL) 9’37”94 – Alto: 1) Anna Chicherova (RUS) 1.98; 2) DI MARTINO 1.95; 3. Dora Gyorffy (HUN) 1.89 - Triplo: 1) Yargelis Savigne (CUB) 14.92 (+0.7); 2) Tatyana Lebedeva (RUS) 14.75 (+0.5); 3) Anna Pyatykh (RUS) 14.71(+1.9); 4) MARTINEZ 14.70 (+2.0); 8) LA MANTIA 13.27 (+2.5). File allegati:
- IL SITO DEL MEETING
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