Istanbul Donato-Greco 17,28 senza podio
11 Marzo 2012Finisce con un pizzico di rammarico il bel pomeriggio azzurro ad Istanbul. Fabrizio Donato e Daniele Greco, impegnati nella finale del salto triplo, hanno chiuso rispettivamente al quarto e quinto posto, appaiati alla quota di 17,28 (titolo allo statunitese Claye, 17,70). Il disappunto nasce però dal fatto che Donato sia stato in grado di compiere due sole delle sei prove in programma, a causa di un infortunio muscolare occorso durante il terzo salto. Dal secondo posto, il laziale è scivolato fino al quarto, senza poter opporre resistenza agli avversari. In crescendo invece Greco, che ha sfiorato il bronzo nell'ultima prova, atterrando a quella che la misura del suo primato personale. Bravissimo anche Emanuele Abate. E' sesto nella finale dei 60 ostacoli (7.63), agguantata nel pomeriggio con un bel terzo posto in semifinale (7.62). Nulla da fare per le medaglie, il bronzo era ad un difficilissimo 7.53 (oro allo statunitense Merritt, 7.44). Il Mondiale indoor di Istanbul, un’edizione che – risultati alla mano – ha offerto più di uno spunto di interesse all’alba della stagione olimpica, va dunque in archivio. Gli Stati Uniti si confermano mattatori, con ben 17 medaglie (nove ori), davanti ad una Gran Bretagna (otto podi, due titoli) che evidenzia l’attesa crescita preolimpica. La Russia è solida come squadra (secondo posto nella classifica a punti), ma cede qualcosa in fatto di medaglie, anche a causa dell’inattesa sconfitta di alcuni dei suoi uomini o donne chiave (gli altisti Chicherova, Ukhov e Silnov, tutti sul podio ma sconfitti). L’Italia c’è. L’argento di Antonietta Di Martino riporta la formazione azzurra nel medagliere, dopo le edizioni senza allori di Valencia 2008 e Doha 2010, ed i quattro finalisti mettono insieme 19 punti (quattordicesimo posto nella speciale classifica), che sono il miglior risultato dall’edizione di Lisbona 2001 (dove ne avevamo ottenuti venti). Il DT Uguagliati può abbozzare un sorriso in vista della stagione estiva. Soprattutto perché oltre alle punte della squadra volata in Turchia (la sfortuna di Donato, infortunato e quarto, merita un cenno) hanno fatto bene anche diversi giovani, o comunque atleti che non si erano segnalati finora al vertice assoluto. Su tutti, Emanuele Abate, che riporta l’ostacolismo azzurro laddove (il vertice iridato) era stato per lunghissimi anni, e Daniele Greco, che sembra ormai pronto per stabilirsi nel Gotha del triplo. Menzione anche per Marzia Caravelli (anche lei non particolarmente simpatica alla dea bendata: è stata la prima delle escluse dalla finale dei 60hs) e Veronica Borsi, quest’ultima capace, come Audrey Alloh, di ripetere il proprio personale. Quello che per ogni azzurro è comunque da considerare sempre un traguardo in Nazionale.
Di seguito, la cronaca delle gare che hanno visto impegnati gli azzurri nell'ultimo pomeriggio.
60 ostacoli Uomini – Finale – L’oro va ad aries Merrit (Stati Uniti), che beffa Liu Xiang siglando un superlativo 7.44. Il cinese è secondo con 7.49, mentre il bronzo se lo prende il lungo francese Pascal Martinot-Lagarde, bravo a migliorarsi fino a 7.53, un super tempo. Emanuele Abate è sesto, ripetendo sostanzialmente, con 7.63, quanto fatto in semifinale (7.62).
L’accelerazione non è eccezionale (malgrado il buon 0.155), ed anche la prima barriera non appare superata con la necessaria rapidità, ma sono particolari, perché il resto fila via senza sbavature. Ed alla fine, il sesto posto è prestazione da incorniciare. “Bisogna essere onesti – dice Abate – non sarei riuscito a correre in 7.53, la medaglia era solo un sogno. La realtà invece è questa finale mondiale, che considero un grande risultato, ed è figlia dei cambiamenti di quest’ultima stagione. Tecnicamente, i sette passi in avvio invece di otto, particolare che forse mi toglie qualcosa da un punto di vista cronometrico, ma che mi permette di entrare con maggiore energia sul primo ostacolo (modifica impostata da quest’anno anche da Liu Xiang, ndr); e poi, soprattutto, il fatto che adesso il mio allenatore Pietro Astengo (in passato coach di Ezio Madonia) riesca a dedicarsi con maggior tempo al mio allenamento, visto ch è andato in pensione”. Il ligure va elogiato a tutto tondo, perché il suo grado di crescita appare ormai certificato. Senza contare che l’ingresso in una finale mondiale indoor degli ostacoli alti, è impresa che non era mai riuscita ad un atleta italiano nelle tredici precedenti edizioni della manifestazione.
Triplo Uomini – Finale – La maledizione del quarto posto colpisce ancora Fabrizio Donato, che chiude ai piedi del podio l’ennesima grande manifestazione della lunga carriera (la terza per la precisione: Europei indoor 2002; Europei outdoor 2002; Mondiali indoor 2008). La gara dell’azzurro dura solo tre salti. Alla terza prova, quando si trova in seconda posizione (con 17,28, alle spalle dello statunitense Taylor, 17,63) un infortunio ai flessori della gamba destra lo ricaccia a sedere a bordo pedana. Da lì, comincia l’interminabile attesa. Prima l’altro americano Claye fa 17,70 e passa al comando, facendo scivolare Fabrizio al terzo posto; poi, al quinto turno, il russo Adams centra il salto super, firmando il personale con 17,36, e facendo letteralmente scendere Donato giù dal podio. Le maglie azzurre possono però contare sull’altro finalista, l’ottimo Daniele Greco. La prova del pugliese è in crescendo. Al quarto salto, con Donato ai box, arriva a 16,93; poi fa gridare al miracolo quando un nullo (di 6,5 cm, dalla rilevazione tv) arriva lontano, molto lontano, ben oltre i 17 metri. Infine, Greco calibra bene tutte le componenti di quello che è senza dubbio uno dei gesti più complessi dell’atletica, e atterra a 17,28, primato personale, la stessa identica misura di Donato, che però rimane quarto per il secondo miglior salto (16,99). Due azzurri a 17,28, ma nessuna medaglia. Difficile da pronosticare alla vigilia, ma soprattutto un bel concentrato di sfortuna. “Purtroppo la battuta la devo fare – racconta Donato dopo la gara – è proprio vero che se la fortuna è cieca, la sfiga ci vede benissimo…Credo essere arrivato a Istanbul nella miglior condizione della mia vita: non voglio esagerare, ma credo che avrei potuto saltare almeno mezzo metro in più di quanto ho fatto. Il 17,28 che ho ottenuto, letteralmente senza saltare, è la riprova netta. Purtroppo, nel terzo salto, al momento dello stacco, ho sentito il classico dolore dello stiramento dietro la coscia. Non c’era più niente da fare.
Il rammarico è forte, perché la medaglia visto come si erano messe le cose, era scontata. Il russo ha trovato il salto della vita, e tutto è cambiato”. Daniele Greco è combattuto. L’amico Fabrizio è al suo fianco, e condivide con lui, pur al termine di una finale mondiale chiusa al quinto posto con primato personale, un pizzico di dispiacere: “Potevo andare a medaglia – racconta – anche se avrei preferito arrivare quarto, ma con Fabrizio regolarmente al terzo posto. Purtroppo non sono riuscito a trovare subito il ritmo giusto, anche perché in qualificazione ho preso una brutta botta al piede, che il grande Abbruzzese (il fisioterapista azzurro, ndr) ha risolto in tempo. Il quinto salto, un nullo di pochi centimetri, era veramente lungo: che rabbia! Ma a conti fatti sono contento: mi sono stabilizzato tecnicamente anche grazie al lavoro che stiamo facendo, soprattutto nella forza, con il mio allenatore Raimondo Orsini, nel bell’ambiente del centro di Castel Fusano, dove ci sono Fabrizio e il coach Roberto Pericoli. Ora la stagione estiva: l’Olimpiade, certo, ma direi soprattutto gli Europei, dove si possono trovare spazi che a Londra certamente saranno ridotti”.
60 metri ostacoli uomini – Semifinali – Quello che più di qualcuno mormorava fino a ieri sera comincia a prendere forma in maniera clamorosa. Emanuele Abate mostra di aver mandato a memoria tutte le lezioni del manuale della specialità. E di saperle ripetere ad ogni interrogazione. Corre con fluidità e aggancia la finale, terzo in 7.62 (quarto crono di ammissione, a due centesimi dal terzo) lasciando presagire uno scenario da brividi – naturalmente positivi. Liu Xiang conferma la sua superiorità (7.53), ma gli altri sono a un passo: il britannico Pozzi fa 7.56 (personale, un solo centesimo meglio del primato italiano centrato quest’anno dall’azzurro), il francese Lagarde 7.60. Anche lo statunitense Merrit (13.09 di personale nei 110hs) è alle spalle di Abate, con 7.65. La finale è fissata alla 16.20 italiane. Abate la correrà in corsia sette. Paolo Dal Molin fa quello che può ma a lui, esordiente assoluto, era difficile chiedere di più. L'avvio è normale (0.192), poi una serie di errori in sequenza, con discesa dall'ultima barriera che segna la fine della gara, completata quasi al passo (7.92). Bravo in ogni caso, c'è decisamente materia per lavorare e progredire.
60 metri donne – Semifinali - Nessuna sorpresa. La semifinale è l’ovvia fermata finale per Audrey Alloh. L’azzurra fa quel che può contro le numero uno della specialità, ma la sua impresa l’ha già compiuta in batteria, eguagliando il personale. La partenza non è granché (0.215 il tempo di reazione) e nemmeno le successive fasi di accelerazione e lanciato appaiono particolarmente brillanti. Malgrado tutto questo, il settimo posto della fiorentina vale ancora 7.38, cinque centesimi in più rispetto al personale. La semifinale della Alloh è vinta da Chandra Sturrup in 7.21, ma la migliore del turno è – manco a dirlo – Veronica Campbell, con 7.12.
m.s.
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