Un giorno, un'impresa
02 Maggio 20132 maggio. La guerra d’inverno tra Finlandia e Unione Sovietica è appena terminata e sta per scattare il blitz krieg tedesco che travolgerà la Francia. Se esisteva ancora qualche chance che l’estate del ’40 potesse offrire i Giochi Olimpici, sparisce nell’addensarsi di una bufera sempre più violenta e nella resa del Cio che cade esattamente 73 anni fa. Helsinki dovrà rinviare di dodici anni l’appuntamento.
E così, in un gioco che non ha nulla di divertente, non rimane che domandarsi chi sarebbe uscito trionfatore da quell’Olimpiade e chi, soprattutto, provò dolore per l’occasione che veniva strappata, negata. Scontato citare ancora una volta il prodigioso Rudolf Harbig, che sarebbe caduto sul fronte orientale. Ma non possono esser dimenticati gli eredi di Paavo Nurmi che, specie sulle lunghe distanze, avrebbero avuto forti possibilità di aggiungere medaglie al tesoro accumulato dai finnici sin dall’inizio del secolo: proprio nello stadio olimpico nuovo di zecca, pochi giorni dopo l’invasione della Polonia (era il 17 settembre 1939) Taisto Maki aveva abbattuto il muro dei 30’ chiudendo i venticinque giri di pista in in 29’52”6 e trascinando Kurki e Salminen a tempi di grande rilievo, sotto i 30’20”. E identico rammarico venne provato da Yrjo Nikkanen che due volte, nel corso del ’38, aveva spostato il record mondiale dell’amatissimo giavellotto, prima a 77,87 e poi a 78,70, lasciandosi alle spalle un Matti Jarvinen che, dopo la sconfitta di Berlino, aveva imboccato il viale del tramonto ma aveva avuto l’omaggio di una’elegante torre razionalista alta 77,24, quanto il suo record mondiale dell’annata ’36.
Il 1940 è anche l‘anno del primi record mondiale (4,57 e soprattutto uno storico 4,60) di Cornelius Warmerdam, detto Dutch, l’Olandese volante di California che diede il meglio e tracciò nuove vie aeree senza mai poter salire su un podio olimpico. Perché dopo Helsinki ‘50, venne cancellata anche Londra ’44.
Giorgio Cimbrico
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