Un giorno, un'impresa
12 Giugno 201312 giugno. E’ l’inizio dell’estate del ’32 quando a Dire Jila, nella provincia etiope di Omoro (la regione e l’anno sono quelli di Abebe Bikila), nasce Mamo Wolde. Hailé Selassie è stato appena incoronato imperatore e Negus Neghesti, re dei re. Quattro anni dopo saranno gli italiani a comandare ma sarà per poco: il sole è tornato effimero sui colli fatali di Roma. Wolde si affaccia sulla scena olimpica prima del suo paesano: lui, piccolo e dal passo breve, a Melbourne viene schierato su 800, 1500 e 4x400: ultimo in batteria, su entrambe le distanze e ultimo, con altri tre mandati al macello, in staffetta. Un’apparizione folkloristica, un nome senza valore sui fogli dei risultati.
Riappare a Tokyo, otto anni dopo, e nella pazza giornata di Billy Mills è quarto sui 10000, alle spalle del “collezionista” Ron Clarke. Non è più una figura folkloristica, da guardare con ironia o con un pizzico di pena. A Messico, nel ’68, si sente come ai 2000 metri di casa sua e il 13 ottobre è uno dei protagonisti della gara delle prime volte: prima medaglia d’oro per il Kenya, primo oro in pista per l’Etiopia, primo podio tutto africano, diviso tra Africa orientale e Maghreb: terzo è Mohammed Gammoudi. Clarke, che tre anni prima aveva portato il record mondiale a uno stordente 27’39”4, si arrende quando mancano 600 metri alla fine, dopo che Naftali Temu ha messo sul piatto un giro in 64”. Sembra fatta, ma alla campana Mamo apre il compasso e prende la testa. Temu lo piega solo nelle ultime battute, per sei decimi, e festeggia esibendo un repertorio di humour molto kenyano: “Ora direte che ho vinto perché qui siamo in montagna ma io Clarke l’ho battuto anche a due anni fa ai Giochi del Commonwealth. E a Kingston dove sono le montagne?”. Del silenzioso Mamo non si tramandano parole altrettanto spiritose.
Una settimana dopo il faccia a faccia ebbe un bis nella maratona, dopo una violenta accelerazione che li lasciò soli poco dopo metà gara. Temu pagò con gli interessi ai 30 km e scivolò indietro, sempre più indietro, per chiudere 19°. Mamo amministrò il vantaggio e vinse con 3’ abbondanti sul giapponese Kanji Kimihara. Per la terza volta consecutiva l’oro dei 42 km era etiope. Vecchie immagini lo regalano mentre si deterge il sudore con un asciugamano bianco e prova a esibire un sorriso. A 36 anni sembra un vecchio. Ma a 40 è ancora capace di salire sul podio di Monaco di Baviera, dietro Frank Shorter e a poco più di mezzo minuto da Karel Lismont. Due medaglie olimpiche, come Abebe, che in Germania era arrivato in carrozzina, triste arciere alle Paralimpiadi di Heidelberg.
E così Mamo sparì per riapparire in superficie per la sua lunga detenzione nelle carceri etiopi, dopo l’accusa di omicidio di un giovane dissidente, al tempo della dittatura di Menghistu. Dopo nove anni di attesa (il Cio aiutò la famiglia e pagò un avvocato), fu condannato a sei anni, e così subito liberato per sopravvivere la breve parentesi di quattro mesi, nel maggio del 2002. Venne seppellito nel cimitero di San Giuseppe, accanto Bikila. Aveva 70 anni. Abebe era lì dal 1973.
Giorgio Cimbrico
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