Una storia al giorno
07 Settembre 20137 settembre. Nessuno l’aveva mai fatto. O meglio, l’aveva fatto Johnny Weissmuller, ma sullo schermo, non sul podio olimpico. Don Bragg voleva essere Tarzan, aveva il fisico, e così provò a sfruttare il momento propizio, quando gli misero al collo la medaglia d’oro del salto con l’asta. Olimpico pieno e soprattutto una buona platea televisiva sparsa nel mondo: nel 1960 non era ancora globale ma i network cominciavano ad avere il loro peso. E quell’urlo fu per tutti una sferzata di sorpresa, di sconcerto. Gli atleti, di solito, erano molto compunti.
Don era alto più di 1,90, tendeva ai 90 chili e doveva stare attento a non superare l’asticella delle troppe calorie ingurgitate. A Roma vinse con 4,70 e, ultimo grande rappresentante dell’età delle aste in metallo, aveva superato i 4,80 del record mondiale due mesi prima, ai Trials di Stanford, e nell’inverno precedente si era spinto a 4,81.
Diventare il Re delle Scimmie era diventato un chiodo fisso sin dall’infanzia, sfogliando fumetti e andando a sedersi nel cinema di Penns Grove, New Jersey, dove era nato nel ’35. Un paio di incontri con Weissmuller furono decisivi perché la sua convinzione diventasse ferma: “Hai il fisico giusto, puoi provarci”. E così, quando venne inviato in Africa dal Dipartimento di Stato come ambasciatore per l’amicizia tra i popoli diede spettacolo scalando alberi e dondolandosi dalle liane.
Era ormai Tarzan, per tutti e a tutti gli effetti, ma quando finalmente Hollywood si decise a dargli fiducia, non ebbe fortuna: la prima volta aveva qualche problema fisico e la seconda, quando stava per esser dato il primo ciak di “Tarzan e i Gioielli di Opar” e Don stava per lanciarsi nel primo volo, le riprese furono interrotte per problemi contrattuali.
Divenne responsabile tecnico per l’atletica nella scuola superiore di Stockton, nel suo stato natio, aprì un camp estivo, e, come fanno tutti i campioni anglofoni, scrisse un libro: “La possibilità di osare, la storia di Don Bragg”. Tre anni fa, fu uno degli ospiti di Roma che celebrava i 50 anni di quei giorni memorabili e chiuse il suo intervento oratorio lanciando l’urlo di Tarzan. Incrollabile. Edgar Rice Burroughs, creatore della saga, ha grosse responsabilità.
Giorgio Cimbrico
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