Una storia al giorno

05 Dicembre 2013

Personaggi e vicende dell'atletica di sempre

5 dicembre. Mentre ci si avvicinava al 12 settembre e alla scadenza del Mennea Day e diventava sempre più ferma l’intenzione di Alfio Giomi di ricordare Pietro con una statua (il marmo è stato subito fornito dai massesi e la collocazione assicurata dal presidente del Coni Giovanni Malagò), risultò anche chiaro che sono stati pochi gli atleti italiani ad esser stati onorati con un’opera plastica esposta sulla pubblica via. Quella dedicata al gesto di Giovan Battista Perasso, comunemente noto come Balilla, può proclamare l’assoluta primogenitura.

Balilla, così famoso da inoltrarsi nella leggenda per quel che combinò il 5 dicembre 1746, può essere considerato il primo lanciatore dell’atletica italiana e, a dar retta a Vincenzo Giani, lo scultore torinese che modellò la statua inaugurata 150 anni fa, aveva uno stile da giavellottista, probabilmente per il relativo peso del sasso che spedì contro arroganti artiglieri austriaci che chiedevano alla popolazione aiuto per districare un cannone dal fango del quartiere di Portoria, in una Genova occupata dalle truppe austro-piemontesi e, subito dopo, in piena e accesissima rivolta.

In una storia costellata di “pare” e “sembra”, Balilla è presentato come un ragazzino di undici anni, ultimo anno della categoria esordienti. Non si conoscono altre sue prestazioni dopo quella che lo immortalò, che lo fece finire in inni e motti di regime, che lo trasformò in uno dei primi pervasi dalla visione di una patria unita. Naturalmente non era vero niente: lui era solo uno scugnizzo (con un altro soprannome più imbarazzante, Mangiam….) che, individuato un bersaglio, liberò il braccio dopo aver pronunciato le celeberrime parole: “Che l’inse”. Traduzione: che io incominci.

A Genova sorge anche il monumento a uno dei primi velisti, Cristoforo Colombo, che in un certo senso diede il via alla Coppa America. E allo stadio che ne porta il nome, un bassorilievo per ricordare Giacomo Carlini, vecchio fusto fine anni Venti-inizio Trenta che sapeva farsi valere nei 110hs, nei 400, nel decathlon, protagonista di una trasferta olimpica che fu una magnifica epopea: da Genova a New York in transatlantico, da New York a Los Angeles in treno. Idem al ritorno. Altri tempi, altri ritmi quando viaggiare era un piacere.

Giorgio Cimbrico

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