Una storia al giorno
27 Dicembre 201327 dicembre. Dopo il Natale, l’Apocalisse: oggi è il giorno in cui si festeggia Giovanni, apostolo, evangelista, autore di una black opera che oggi, come scrittore o sceneggiatore, lo avrebbe reso ricco e conteso dai produttori. Declinare in un po’ di lingue il nome Giovanni significa imbattersi in John, Ian (Euan, Eoin sono le varianti gallesi e irlandesi), Jean, Johan, Jan, Ivan, Janis, Joan, Johanna. E basta questo per iniziare a sentire profumo di atletica dove i Giovanni e le Giovanne si sono sprecati, lasciando segni profondi.
La tentazione, venata di sciovinismo, è quella di partire con Giovanni Evangelisti, gran collezionista di podii importanti, segnato da una vicenda su cui, purtroppo, è stato stampigliato il suo nome. Meglio ricordarlo com’era, un bel Don Giovanni con un catalogo di conquiste importanti, di cifre che, a parte quel numero fasullo, può contare su una bella vastità di atterraggi oltre gli 8 metri, spesso firmate in quella dimensione al coperto che il padovano prediligeva.
Dall’Italia al Baltico color piombo il passo può esser breve, guidato dalla parabola alta del giavellotto di Janis Lusis, quello che, quando eravamo ragazzi, passava per essere un drago nell’interpretare le gare e che quando ne perse una dannatamente importante - la finale olimpica di Monaco ’72 – il gap fu così misero (due cm al tedesco Klaus Wolfermann) da far sorgere qualche sospetto sull’effettiva sconfitta di Basettoni.
L’elenco è lungo, ancorchè sommario, buttato giù così, a memoria, o dando un’occhiata, a volo d’aquila, su qualche sacro testo: John Flanagan, tre volte d’oro nel lancio del martello, John Gibson che strappò il record del mondo dei 400hs nientemeno che a Lord Burghley, John Walker che riportò il mezzofondo All Black in cima al mondo, John Thomas che saltava altissimo ma si arrendeva sempre davanti ai sovietici, John Pennel che scalò il cielo affidandosi alle prime aste flessibili, Jan Zelezny che è scontato chiamare come l’uomo dal braccio d’oro perché nessuno più di lui lo merita, Joan Benoit che tracciò nuovi confini nella maratona femminile, Janusz Sidlo perché evidentemente quel nome porta bene a chi scaglia lontano il giavellotto (nella categoria, finisce anche Jonni Myrra), John Lovelock detto Jack, grande avversario di Luigi Beccali, Ivan Pedroso leggero come un aliante, John Woodruff detto Gambalunga, dominatore degli 800 a Berlino, Johanna Schaller, erede di Anneliese Ehrhardt dagli occhi felini, Jean Shiley che scandì il primo record del mondo di salto in alto femminile riconosciuto dalla Iaaf, Jean Bouin e il suo grande avversario, Hannes Kohlemainen, John Van Reenen che aveva un’apertura di braccia degna di un titano o di un condor, e John Powell, effimeri sovrani del disco.
Non resta che lasciarvi alla ricerca di altri Giovanni e Giovanne illustri e porgere gli auguri a tutti quelli che portano questo antico nome.
Giorgio Cimbrico
SEGUICI SU: Twitter: @atleticaitalia | Facebook: www.facebook.com/fidal.it
Condividi con | Tweet |
|
Seguici su: |